Quando si mangia la pizza non ci si sente mai sazi: un pezzo tira l’altro e si desidera che non finisca mai. Golosità? Senz’altro, ma c’è di più: la pizza, infatti, crea a tutti gli effetti dipendenza. A dirlo sono diversi studi scientifici svolti nell’arco degli ultimi quattro anni.
Nel 2015 era stata l’Università del Michigan a fare dei test per comprendere come mai i ragazzi del college sembrassero consumare solo ed esclusivamente questo cibo. Addirittura, stando al responsabile dello studio, il dottor Stephen Neabore, il solo mostrare l’immagine di una pizza alle persone “accende” la stessa area che si accenderebbe assumendo droghe pesanti.
Questo perché le sostanze nutritive della pizza agiscono nello stesso modo in cui agiscono le droghe: in sostanza i livelli di carboidrati, grassi e zuccheri combinati hanno un elevato carico glicemico, che aumenta rapidamente il livello di glucosio nel sangue.
Questo aumento del livello di glucosio viene segnalato al sistema neurologico, che ricambia producendo cospicue quantità di dopamina, neurotrasmettitore responsabile delle sensazioni di piacere e di benessere. Si arriva, insomma, a sperimentare uno stato di estrema felicità.
Nel 2017, gli studiosi della ricerca scientifica Plos One hanno aggiunto un altro tassello alle capacità assuefacenti della pizza: hanno scoperto infatti che la caseina, contenuta nella mozzarella e negli altri formaggi rilascia dei composti chiamati caseomorfine.
Questi composti stimolano i recettori oppioidi dando quella stessa sensazione di appagamento e euforia che potrebbe dare un consumo di stupefacente. Così, la pizza è un grado di aumentare la reattività emotiva e rende più felice chi la mangia.
Infine, come dimostrato da CNN Health, anche i colori e gli odori della pizza fungono da euforizzanti, sovrastimolando il cervello e aumentando il desiderio di incrementare il consumo.
Le conseguenze della dipendenza da pizza, fortunatamente, sono meno devastanti di quelle da droga: si va giusto incontro all’intensificazione del consumo e alla perdita di controllo sulle quantità quando la si mangia, cosa che spiega perché sembra non bastare mai.